Omega-3 salvacuore, da salmone e alghe

Salmone affumicato re della tavola per proteggere il cuore da infarto e ictus. Ma in futuro potremmo ricorrere anche a pillole di microalghe, miniere di preziosi Omega-3. Lo prevedono gli esperti di alimentazione al XXII Congresso nazionale della Società italiana per lo studio dell’aterosclerosi). «La nostra società scientifica - spiega Renato Fellin, presidente Sisa e docente della Facoltà di medicina e chirurgia dell’università di Ferrara - da anni studia la relazione tra fattori di rischio cardiovascolare e aterosclerosi. In una dieta equilibrata non deve mai mancare il pesce e l’apporto degli acidi grassi Omega-3», presenti in particolare nel salmone.


Si tratta di «acidi grassi essenziali - ricorda l’esperto - indispensabili per il corretto funzionamento dell’organismo. Sono noti soprattutto per essere dei protettori del cuore: riescono a ridurre i trigliceridi e ad aumentare il colesterolo buono Hdl». Gli Omega-3 sono presenti in tutti i pesci in quantità variabili, tuttavia gli esperti della Sisa hanno stilato una «speciale classifica» delle varietà più ricche: considerando una portata standard da 90 grammi, il salmone si aggiudica il record con 1,83 grammi di Omega-3, l’aringa 1,80 g, le sardine 0,90 g, il tonno 0,73 g, il merluzzo 0,46 g e infine la sogliola 0,43 g.


Per gli esperti, una buona ricetta salvacuore prevede per le persone sane l’assunzione di pesce almeno due volte la settimana per assicurarsi circa mezzo grammo al giorno di Omega-3. Mentre per chi ha già avuto problemi cardiovascolari è necessario aggiungere al pesce integratori, così da arrivare a un grammo al giorno di questo particolare tipo di grasso. «Secondo le ultime evidenze scientifiche - afferma Lucio Capurso, primario di Gastroenterologia al San Filippo Neri di Roma - c’è un rapporto diretto tra la quantità di pesce assunta e la riduzione del rischio di andare incontro a ictus o malattie coronariche».


Sappiamo infatti che mangiare pesce almeno un paio di volte al mese garantisce una diminuzione del rischio di ictus pari al 10%, ricorda Capurso. «Se si passa a più di tre, quattro volte al mese si può arrivare fino a una riduzione del 30%», precisa. Occhio, però, al pesce fritto. Friggere, oltre a essere un metodo non proprio sano per cuocere gli alimenti, riduce fortemente la presenza degli Omega-3, per questo motivo gli esperti consigliano il pesce affumicato, alla griglia o al forno: nessuno di queste cotture infatti modifica in modo significativo i legami degli alimenti.


Microalghe il futuro della ricerca. Non sono infatti i pesci a produrre gli Omega-3, anche loro li assumono alimentandosi di microrganismi, in particolare microalghe. Sarebbero infatti proprio questi organismi monocellulari che vivono sia in ambienti marini sia in acque dolci, i veri produttori di Omega-3. È per questo motivo che gli specialisti pensano che a breve l’industria farmaceutica produrrà integratori Omega-3 estraendoli direttamente dalle alghe e non più dai pesci, migliorando quindi sia la qualità delle compresse sia il loro sapore.




Fonte: La Stampa



   
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